Studio nel 450° anniversario dalla nascita (1568-2018)
Biografia di San Luigi Gonzaga
San Luigi nasce il 9 marzo 1568 nel castello di Castiglione delle Stiviere dalla nobile famiglia dei Gonzaga. È figlio di Ferrante Gonzaga, primo marchese di quella cittadina nell’alto mantovano, e di Marta Tana di Chieri. Viene battezzato il 20 aprile 1568 nella chiesa dei Santi Nazario e Celso. Primo di otto figli, e pertanto erede al titolo di marchese, fin dalla prima infanzia viene indirizzato alla vita militare. La volontà divina però dispone diversamente e già all’età di sette anni avviene quella che Luigi definirà più tardi come la sua “conversione dal mondo a Dio”. Si sente chiamato a consacrare la propria vita al Signore e intensifica la preghiera prediligendo la recita quotidiana dei sette salmi penitenziali e l’Ufficio della Madonna.
Nel 1576 imperversa nel feudo una grave epidemia e la famiglia decide il suo trasferimento a Firenze, unitamente al fratello minore Rodolfo, alla corte del granduca Francesco I de’ Medici. In questa città, nella basilica della Santissima Annunziata, fa voto di perpetua verginità. Dopo tre anni viene trasferito alla corte di Mantova e rinuncia al titolo di futuro marchese di Castiglione in favore del fratello. Nel 1580 riceve la Prima Comunione da San Carlo Borromeo. L’anno seguente si trasferisce a Madrid e vi rimane per due anni, come paggio d’onore del principe Diego, figlio del Re di Spagna Filippo II del quale suo padre era al servizio. Inizia lo studio in lettere, teologia e filosofia, dando tuttavia la preferenza a testi spirituali e missionari. Nella preghiera matura la sua decisione di entrare nella Compagnia di Gesù e a nulla può l’opposizione del padre che lo invia in altre varie corti, con la speranza che la vita brillante lo induca a cambiare idea. Nel 1585, diciassettenne, entra nel noviziato dei gesuiti a Roma.
Non trascura la sua famiglia e nel 1589 contribuisce a risolvere la lite successoria nel suo casato. Torna a Roma l’anno seguente per dedicarsi, assieme a San Camillo de Lellis e ad altri confratelli, alla cura di malati infettivi in cui muoiono migliaia di persone tra cui anche tre Papi. Già malato lui stesso da tempo, si dedica solo ai casi con nessuna evidenza di contagiosità. Tuttavia, un giorno, trovato in strada un appestato, se lo carica in spalla e lo porta in ospedale. Pochi giorni dopo, il 21 giugno 1591, muore all’età 23 anni. Il suo corpo è custodito nella chiesa di Sant’Ignazio a Roma, il suo cranio è venerato nella basilica di Castiglione delle Stiviere e la mandibola nella chiesa di Rosolini, in provincia di Siracusa.
Viene beatificato 14 anni dopo da papa Paolo V il 19 ottobre 1605 e canonizzato il 31 dicembre 1729 da Benedetto XIII che lo dichiara protettore degli studenti. Nel 1926 viene proclamato patrono della gioventù cattolica e nel 1991 Giovanni Paolo II dei malati di AIDS.
Dopo questa breve ed edificante biografia, permettetemi di menzionare quanto ebbe a dire Paolo V alla cerimonia di beatificazione di San Luigi: “Santo benché gesuita, puro benché Gonzaga”. Al riguardo ritengo necessaria una spiegazione.
In quanto alla prima parte è bene precisare che la Compagnia di Gesù, fondata nel 1534 da Sant’Ignazio di Loyola, non viene accettata benevolmente da tutti, pontefici compresi. Non le si può tuttavia negare grandi meriti spirituali e forte coraggio evangelico. All’eccezionale zelo del fondatore, si aggiungano i meriti dei missionari di molti suoi figli un po’ ovunque nel mondo. Mi limito a menzionarne due a me cari: San Francesco Saverio e il Servo di Dio Matteo Ricci. E come sottacere gli ostracismi subiti da parte dei gesuiti per meri motivi politici? Si pensi solamente alla brutale repressione delle Reducciones nel Sudamerica la cui storia ed epilogo mi hanno sempre interessato (e scandalizzato) già in giovane età. Si è trattato di un progetto di repubblica in seno alle colonie portoghesi e spagnole nel centro del Sudamerica per conferire dignità e orgoglio agli indigeni Guaranì. Purtroppo di esso non rimane più nulla. Solamente le rovine ci parlano – e rimproverano – della grandezza di questa iniziativa. Tutto è stato sacrificato sull’altare dell’egoismo delle due potenze iberiche, consenziente la Santa Sede. Nel 1773 il Papa arriva persino a decretare lo scioglimento dell’Ordine che sopravvive solo grazie al rifiuto di due sovrani non cattolici: Federico II di Prussia e Caterina la Grande, zarina di tutte le Russie, che lasciarono libertà ai missionari di continuare il loro coraggioso lavoro nelle terre di fede cattolica a loro soggette. Ricordo che la Russia, come nel caso in esame, si è anche eretta a difensore del Sovrano Ordine di Malta in periodo napoleonico e lo zar Paolo I ne divenne Gran Maestro. Questi fatti mi fanno pensare che proprio questa Potenza possa essere destinata, anche in avvenire, a svolgere una missione a difesa del Cristianesimo in un Occidente che sta vieppiù rifiutando le sue radici religiose. Al riguardo mi sono posto una domanda che ora giro al lettore “È un caso fortuito che al Monte Athos, un paio di anni fa, Putin sia stato invitato a prendere posto sul trono dell’Imperatore di Bisanzio che da ormai oltre cinquecento anni non veniva più occupato?”
La seconda parte della citazione è più facilmente spiegabile. Si sa che i Gonzaga erano famosi per gli eccessi sessuali. D’altro canto nel Cinquecento era questo un debole nella maggior parte delle famiglie nobili e, oltre tutto, anche San Luigi discendeva in linea diretta da Bernabò Visconti, come alcune famiglie di casa nostra di cui tornerò a parlare.
La cappella di S. Luigi nell’antica chiesa parrocchiale di Bioggio
Nella chiesa parrocchiale ristrutturata nel XVII secolo, ossia pochi anni dopo la canonizzazione di San Luigi, oltre all’altare maggiore, vi erano due altari in fondo alle navate laterali prospicienti i fedeli: uno dedicato alla Vergine del Rosario e l’altro all’Addolorata. Sulla sinistra, ossia nella navata nord, si apriva una cappella, assai capiente, dedicata a San Luigi la cui ricostruzione, effettuata dagli esperti dei Beni Culturali in occasione degli scavi archeologici, viene qui riportata. In essa vi era un altare con una tela ovale del Seicento, ora custodita alla casa Sant’Ilario a Bioggio. Aggiungo che questa cappella possa essere stata l’ultima ad essere demolita, stando al registro dei conti del Parroco Don Domenico Staffieri, gentilmente concessomi dall’amico Giovanni Maria Staffieri. Incuriosisce il fatto che, con l’edificazione dell’attuale tempio neoclassico nella seconda metà del Settecento, non si sia mantenuto il culto a questo Santo. Pure deludente – e anche sconcertante – che, dopo tutto l’impegno profuso del parroco, a pochi anni dalla canonizzazione, coinvolgendo nobili persone e alti prelati per l’ottenimento di una reliquia ex-ossibus, tutto si sia vanificato una quarantina di anni dopo.
Ma vediamo dapprima di descrivere tutti i particolari che ci rivelano i documenti di questa preziosa presenza e dell’indulgenza ad essa annessa. Si tratta di un frammento di ossa che, fra le reliquie conservate a Bioggio, è la più importante per la sua movimentata storia riccamente documentata da svariati scritti, autentiche e certificati che poi andrò ad elencare e commentare. La particella ossea è custodita in un prezioso reliquario barocco romano in argento che fa da pendant a quello di San Pasquale Baylon la cui reliquia, pure ex-ossibus, è presente nella nostra parrocchiale. Dai documenti, si rileva l’intervento di numerosi personaggi e, sorprendentemente, anche la concessione di un’indulgenza plenaria concessa inizialmente da Benedetto XIII e confermata dai suoi due successori. A conclusione dello studio, menzionerò gli agganci parentali dei Gonzaga con Bioggio che durarono fino all’inizio del XX secolo.
La reliquia ex-ossibus
È la più ricca di autentiche e scritti rispetto a tutte le altre da noi venerate. Persino quelle dei Santi Patroni Maurizio e Ilario non vantano una documentazione così precisa. Trattandosi di storia recente, fa eccezione l’insigne reliquia gentilmente concessaci dall’Abate Henri Salinas di St. Maurice in occasione dell’anno mauriziano ricordato dalla nostra comunità tra il 1985 e il 1986.
Prima della sua donazione alla nostra parrocchia nel 1763, la reliquia di San Luigi deve essere passata in svariate mani, per poi arrivare in possesso della marchesa donna Maria Foppa nata Imbonati, quarta moglie di don Pietro deceduto nel 1737. Inizio dalle autentiche: la prima data del 1749, rilasciata da Ferdinando Maria de Rubeis (1696-1775), personalità di spicco nello Stato Pontificio, seguita da una seconda nel 1762 dell’Abate Michele Daverio di Milano, da pochi mesi nominato nella Giunta Economale costituita per gestire i rapporti fiscali Chiesa-Stato nell’età delle riforme. Fin a questo punto nulla di straordinario. Tuttavia, ciò che più incuriosisce è un foglio manoscritto datato 12 aprile 1742, umile nella forma ma importante nella sostanza: si tratta di una copia su carta semplice che riproduce un decreto del Cardinale Pico, prefetto della Penitenzieria Apostolica, che ricorda le concessioni dei Papi Benedetto XIII, Clemente XII e Benedetto XIV, confermando l’indulgenza plenaria nel giorno della festa di San Luigi Gonzaga per quelle chiese a lui intitolate, o nelle quali vi sia un altare o una cappella dedicati al Santo.
Ritengo che il nostro buon Parroco, Don Domenico Staffieri, essendoci nella chiesa parrocchiale una cappella riservata al culto di San Luigi, ambisse di avere un’importante reliquia, senza avere la più pallida idea dell’indulgenza annessa. Verso l’anno 1760 si rivolge ad un certo Prevosto Colmò – probabilmente suo compagno di studi in seminario a Como – chiedendogli di mediare presso il Gesuita Gaetano Maria Imbonati per poterne ottenere una. Penso che il pensiero del richiedente fosse stato quello di sollecitarla alla Compagnia di Gesù. Questi però contatta sua sorella, la citata marchesa Foppa, sapendo che ne possedeva una. Questa se ne priva di buon grado, perché fosse venerata da parte del suo Buon Popolo (di Bioggio), chiedendo preghiere per l’intercessione di San Luigi del quale è devotissima. Questo traspare da uno scritto dell’Imbonati a Colmò.
Trattandosi di una reliquia molto importante inserita in un’artistica teca preziosa per la fattura e per i materiali usati, nasce il problema di scegliere la persona adatta per essere recapitata a Don Domenico. E qui entra in gioco il conte don Francesco (o Franchino) Rusca, feudatario di Trivolzio. Ciò non stupisce più di quel tanto e mi viene da pensare che forse anche la domanda per l’ottenimento della reliquia possa essere stata trasmessa per suo tramite. Si aggiunga poi il forte legame di parentela fra i Gonzaga e i Rusca.
Avete presente la camera degli sposi affrescata dal Mantegna nel castello di Mantova? Nella parte centrale troneggia una figura di dama vestita di un abito color oro che attira subito l’attenzione del visitatore soprattutto per la sua particolare capigliatura. È la moglie del Duca seduto alla sua destra: si tratta di Barbara di Brandeburgo (1422-1481). Questa gran dama non è altro che la pronipote di Federico di Baviera-Landshut della Casa dei Wittelsbach e di Maddalena Visconti, figlia del Signore di Milano Bernabò. Andata sposa a Lodovico III Gonzaga è pertanto la trisavola del nostro Santo. Nel Signore di Milano dunque San Luigi ha lo stesso antenato dei Rusca e dei Grossi.
Fra le due famiglie è sempre esistito un legame profondo di amicizia che si è poi concretizzato in accoglienza nel 1513 allorquando i Rusca furono costretti a cedere il loro contado agli Svizzeri lo stesso anno, per poi continuare fino all’inizio del Novecento, praticamente fino all’estinzione del Casato ticinese.
Per concludere questo studio metterò a parte il lettore di un particolare trasmessomi dalla nonna Virginia. Prima però torno al 1513, anno dell’arrivo degli svizzeri nella nostra regione.
Lotario, penultimo conte e zio dell’ultimo pretendente, sposa Eleonora da Correggio che ama trascorrere lunghi soggiorni a Mantova alla corte del cugino Francesco II. Gran dama del rinascimento, ha avuto il merito di introdurre nella città del Verbano i fasti rinascimentali mantovani, tanto che la sua figura è stata ricordata nel 2014 con iniziative varie anche nel nostro Cantone. Lotario ed Eleonora non avevano figli e, ad un certo momento, allo scopo di mantenere il controllo del contado, ricorrono ad un sotterfugio, fingendo la nascita di un maschietto a cui danno il nome di Girolamo. Scoperto l’inganno, la signoria di Locarno con le sue valli andrà ad un nipote di Lotario che poi quasi subito la perderà, pur mantenendo il dominio su Brissago, Luino e la Val Travaglia.
Lotario e la moglie lasciano Locarno nel 1513 e si stabiliscono dapprima a Milano nel loro sontuoso palazzo di Via Brera, uno dei più belli della città. Vi stanno però per poco tempo e si trasferiscono alla Corte ducale di Mantova. Lotario morirà nel 1519 e Eleonora nel 1523. Entrambi riposano in quella città.
Ed ecco il particolare di cui ho accennato pocanzi. All’inizio del Novecento i Principi Gonzaga fanno visita ai loro cugini di Bioggio. Padroni e servitù sono in grande agitazione per riservare loro una degna accoglienza. La nonna, il cui compito nella famiglia, sostituendo la contessa, era quello di governare la casa, scegliere i menu ed impartire gli ordini alla servitù, chiede al cugino cosa pensava di offrire agli ospiti. Era di venerdì e don Edoardo le rivolge una domanda “Gila, di solito cosa si mangia al venerdì?”, “Polenta e merluzzo” risponde la nonna. “Ebbene, anche i Gonzaga si adatteranno a questo menu”.
Bioggio è da sempre terra di Signori (vedi anche nota di Fabrizio Panzera alla fine di questo studio). A volte si è portati ad avere delle idee errate su di essi, confondendo il termine Signori con ricchi, come ebbe a dire Mosignor Marcionetti il giorno dell’inaugurazione dei restauri del San Maurizio nel 1983. Con ciò ha voluto lodare il modo signorile con cui il Consiglio parrocchiale, la commissione restauri e la popolazione hanno saputo gestire i lavori sotto ogni profilo, senza far tardare le retribuzioni dovute alle ditte impegnate. In fondo siamo partiti con un piccolo patrimonio di CHF 30’000.00, ponendo la speranza nel Signore e nella generosità dei fedeli. La cifra spesa è stata di poco inferiore ai due milioni di franchi. Il coraggio ci ha ricompensato e questo piccolo miracolo è stato possibile anche grazie ai sussidi federali, cantonali e comunali erogati con vero spirito di collaborazione in aggiunta ai validi consigli di persone competenti.
Descrizione delle foto
⦁ ovale di scuola lombarda del Seicento (autore ignoto)
⦁ ricostruzione dell’antica chiesa barocca con indicata la cappella
⦁ reliquiario in argento (barocco romano) con la reliquia descritta
⦁ camera degli sposi nel palazzo ducale di Mantova. Barbara di Brandeburgo è il personaggio più vistoso con quelle due curiose ciocche di capelli
⦁ immagine di S. Luigi: a sinistra nelle vesti di cortigiano, a destra di religioso
Fonti
Archivio parrocchiale Bioggio
Archivio Staffieri
Genealogia delle famiglie nobili italiane (a cura di Davide Shamà) a cui collaboro
FABRIZIO PANZERA, Il piano del Vedeggio, Salvioni Editore 2008, pag. 163
Wikipedia per l’immagine “Camera degli sposi”